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World Press Photo: l'orrore della guerra raccontato attraverso chi resta
Mahmoud Ajjour

World Press Photo: l'orrore della guerra raccontato attraverso chi resta

La foto vincitrice del concorso internazionale racconta la storia un bambino palestinese di 9 anni, che ha perso entrambe le braccia in seguito ad un bombardamento israeliano su Gaza city

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by Pina Di Prisco

Mahmoud Ajjour fugge da un attacco improvviso ma si rende conto che alcuni membri della sua famiglia procedono troppo lentamente. Fa retromarcia per incitarli.
Ecco l’ennesima esplosione, poi un dolore così forte da preferire la morte. Forse suona così la fine del mondo. Una bomba gli recide un braccio, mentre le ferite riportate all’altro renderanno necessaria la seconda amputazione. Mahmood riesce a scappare dalla striscia e a trovare rifugio a Doha, in Qatar. Qui, riceve le cure mediche necessarie e segue delle lezioni per tornare ad essere autonomo. I piedi sono le sue nuove mani. Nella sua palazzina incrocia Samar Abu Elouf, fotoreporter palestinese: diventerà così il volto dello scatto vincitore di World Press Photo contest 2025, dal 1955, uno dei riconoscimenti più importanti nell'ambito del fotogiornalismo

La foto è silenziosa, il volto pulito dell’infanzia immerso in bagliori dorati cozza con gli occhi spenti. Un manifesto potente, che racconta una verità universale e ci apre il macabro scenario di una guerra mortifera. L’ultimo rapporto dell’Agenzia della Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente, UNRWA, del 15 marzo 2025, riferisce che  tra il 7 ottobre 2023 e l’11 marzo 2025, almeno 48.503 palestinesi sarebbero stati uccisi a Gaza e 111.927 feriti. Tra questi, 13.319 sono bambini. 786 avevano meno di un anno di età.

«La mia missione è raccontare. Nel mio progetto narro le storie dei palestinesi che ce l’hanno fatta, quelli che sono riusciti a scappare dalla morte e di come sono cambiate le proprie vite» spiega Samar Abu Elouf. Ed ecco che un bambino di nove anni diventa simbolo eccezionale di terrore profondo, del male assoluto che non si ferma dinnanzi all’innocenza. Anzi, la mangia e la riduce a brandelli, seminando soldatini mutilati nel corpo e nello spirito. «Ho ascoltato storie che non mi hanno fatto dormire per giorni e piango di dolore ogni qualvolta mi fermo a pensare alle sofferenze che sta subendo il mio popolo. Come faranno a continuare a vivere?» sottolinea la fotografa.

In Qatar, Mahmoud, 9 anni, usa i piedi per tutto e il suo sogno più grande è avere delle protesi per tornare a vivere la sua vita. La fotografia che lo ritrae è il secchio di acqua gelata di cui avevamo bisogno: Samar con il suo progetto e il suo racconto ridona dignità alle vittime. Ci costringe a guardare, ad affacciarci su uno spaccato di storia che proviamo a ignorare ed esige invece esige di essere raccontato. Questa volta, attraverso un bambino senza braccia.

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by Pina Di Prisco

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