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Perché la prua del Titanic sta crollando e cosa possiamo fare per evitarlo

Perché la prua del Titanic sta crollando e cosa possiamo fare per evitarlo

L'iconica balaustra di Jack e Rose si degrada a causa del "biofouling", l'azione dei microrganismi e dei composti ferrosi che corrode i materiali. Mettendo a rischio il patrimonio sommerso. Così la Stazione Zoologica Anton Dohrn è al lavoro per individuare nuove soluzioni ecocompatibili al problema

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by Rosario Balestrieri

di Rosario Balestrieri

Ricordate la romantica scena del Titanic in cui Jack e Rose si affacciavano sulla prua, immaginando di volare? Circa un mese fa quella stessa balaustra, resa celebre dal film di James Cameron, si è staccata a causa di un fenomeno naturale che minaccia la celebre nave, e non solo. 
Così, dall’oscurità dell’oceano, il Titanic ha acceso un faro su una problematica a cui pochi pensano, ma che risulta fondamentale per la salvaguardia della storia, la nostra storia. Del resto è noto ormai che l’ambiente marino accoglie la stragrande maggioranza delle forme di vita del pianeta, ma non molti hanno consapevolezza del fatto che sotto il manto ondoso si nasconde una porzione rilevante del nostro patrimonio storico e archeologico. Basti pensare alle città sommerse, come la mitica Atlantide e ai mosaici di Baia, un tempo calpestati da Giulio Cesare e Nerone, ora attraversati da pesci e sub. E che dire di imbarcazioni piccole e grandi che nel tempo si sono spinte sempre più lontano e talvolta si sono inabissate con il loro carico di testimonianze? Sotto le onde, anfore, colonne, relitti e statue vengono ricoperte dal cosiddetto biofouling: si tratta di una sorta di stalattiti marine formate da microrganismi e composti ferrosi che, crescendo sulle superfici sommerse, provocano la corrosione e la degradazione dei materiali. Un problema che mette a rischio il nostro patrimonio culturale sommerso.

Ma la scienza non sta a guardare: alla Stazione Zoologica Anton Dohrn, i ricercatori sono impegnati in un progetto, il CRIMAC-UNALTERABLE, per trovare soluzioni ecocompatibili a questo problema. La biotecnologa Marika Luci sta studiando come i microorganismi colonizzano il marmo e la calcarenite, i materiali più comuni dei nostri monumenti subacquei: l'obiettivo è individuare molecole in grado di impedire l'adesione di questi organismi, proteggendo così le nostre opere d'arte sommerse.

Il team del CRIMAC-UNALTERABLE al lavoro [courtesy Stazione zoologica Anton Dohrn]


In pratica, i ricercatori stanno cercando di creare una sorta di "scudo invisibile" per i nostri tesori subacquei, che permetta la loro protezione e valorizzazione in situ senza ledere l’ambiente circostante. Una sfida affascinante che potrebbe rivoluzionare la conservazione del patrimonio culturale. "La nostra ricerca - spiega Luci - è incentrata sulla protezione dei materiali presenti nei siti archeologici ed esposti in ambiente sommerso; scopo finale è la creazione di metodi di conservazione ecosostenibili e compatibili con l'accesso al pubblico. Attualmente possiamo dire che questi strati protettivi sono applicabili alle superfici esposte in ambiente sommerso. Infatti, test in ambiente marino hanno mostrato che i rivestimenti possiedono una resistenza alle correnti marine con effetti promettenti nella prevenzione della colonizzazione da parte degli organismi marini. Questi dati lasciano ben sperare per le future analisi da condurre sui materiali esposti in mare per lungo tempo. In ogni caso credo che questi risultati possano dare un significativo contributo per “aggiustare il tiro” e proteggere il nostro patrimonio culturale sommerso".

Un frame celebre di "Titanic"


Il Titanic ci ricorda così quante storie possano raccontare le navi che hanno abbandonato la superficie per abitare le profondità: vedere i relitti del nostro passato svanire nel tempo sarebbe una perdita culturale enorme. Grazie alla ricerca scientifica stiamo compiendo passi in avanti verso una conservazione più sostenibile e duratura delle nostre radici anche quando sono sommerse.   

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