Terremoti, ecco cosa succedendo a Santorini
Da fine gennaio, un’intensa attività sismica ha interessato le Isole Cicladi: 1028 scosse in pochi giorni, 90 di magnitudo superiore a 4. Insieme con l'Ingv, vi spieghiamo perché qui la terra stia tremando. Sempre di più
Da fine gennaio, un’intensa attività sismica ha interessato le Isole Cicladi, nell’area compresa tra le isole greche di Santorini e Amorgos. Lo sciame è iniziato il 27 gennaio con eventi di magnitudo inferiore a 3 e dal 29 gennaio la magnitudo delle scosse è aumentata, fino a raggiungere il valore massimo Mw 5.2 il 4 febbraio (Figura 1), con numerosi eventi avvertiti nelle isole circostanti e nella città di Atene e a Creta. Fino al 5 febbraio 2025 (ore 14), sono stati registrati 1028 terremoti con magnitudo maggiore di 2, di questi 90 hanno magnitudo compresa tra 4.0 e 4.9 e 3 pari o superiore a 5.0; la profondità massima è 35 km e la minima di 2 km: la maggior parte dei terremoti ha una profondità che si attesta sui 10 km.

L’evoluzione temporale della sequenza è rappresentata in figura 2 attraverso la magnitudo dei terremoti (pannello superiore) e il momento sismico cumulato (pannello inferiore). Quest’ultimo fornisce un’indicazione dell’energia liberata dalla sequenza. Il pannello superiore della figura mostra l’aumento della magnitudo dei terremoti osservato a partire dal 1 febbraio 2025, giorno con massima magnitudo registrata pari a 4, mentre a fine gennaio le magnitudo degli eventi localizzati sono risultate inferiori a 3. L’energia rilasciata dallo sciame evidenzia un aumento significativo del numero di terremoti e della loro magnitudo a partire dell’occorrenza del primo evento con magnitudo 5, avvenuto il 3 febbraio 2025.

L’area interessata è una delle più attive sismicamente della regione dell’arco vulcanico ellenico. Gli eventi attuali avvengono lungo la zona di faglia Santorini-Amorgos, nota per la sua capacità di generare terremoti di magnitudo elevata. Il terremoto più distruttivo registrato nella zona si è verificato il 9 luglio 1956 con magnitudo Mw 7.1, seguito da un forte aftershock di magnitudo Mw 6.9, causando danni diffusi e un violento tsunami (Figura 3).

Recenti studi geologici (Leclerc et al., 2024) hanno evidenziato una faglia con una superficie esposta di recente alla base del fondale marino, compatibile con il sisma del 1956. Queste strutture tettoniche fanno parte di un sistema di faglie normali orientate nord-est/sud-ovest, responsabili della subsidenza e dell’estensione crostale nell’area (Figura 4).
Le analisi geofisiche indicano che tali faglie sono attive e capaci di generare forti terremoti, come dimostrato dagli eventi del 1956. Il loro comportamento è influenzato sia dalla tettonica estensionale sia dall’interazione con fluidi profondi, il che potrebbe spiegare la natura dello sciame sismico in corso (Andinisari et al. 2021).
L’evoluzione dello sciame sismico attuale è comunque incerta: l’aumento progressivo della magnitudo e il numero elevato di eventi sismici suggeriscono infatti la possibilità di un coinvolgimento di fluidi nella crosta, piuttosto che una tipica sequenza mainshock–aftershock (scossa principale-scosse successive). In passato sono stati osservati nella regione sciami simili, alcuni dei quali si sono esauriti senza innescare eventi di maggiore magnitudo, mentre altri hanno preceduto terremoti più forti.
Oltre alla già citata sequenza del 1956, a inizio secolo sono stati registrati 2 eventi con magnitudo Mw 6, il 4 aprile 1911 e il 23 ottobre 1919 (Andinisari et al. 2021).

La figura mostra la faglia di Amorgos responsabile dei forte terremoto del 1956.
La deformazione tettonica dell’area è guidata dalla subduzione della placca del Mediterraneo orientale sotto la Grecia lungo la Fossa Ellenica (Figura 5).

Il rollback della placca in subduzione causa un’estensione crostale significativa, che viene accomodata principalmente nella regione di Santorini-Amorgos. I dati GPS indicano un tasso di estensione di circa 4 mm all’anno (Figura 6, Serpelloni et al., 2021).

Il modello di pericolosità sismica per la Grecia mostra una pericolosità alta su tutto il territorio nazionale (Figura 7). Quest’area è caratterizzata da una storia di eventi distruttivi e da un’elevata pericolosità sismica. La combinazione di tettonica attiva e presenza di faglie sottomarine implica un rischio significativo di terremoti di grande magnitudo, con potenziali impatti sulle comunità costiere e sulle infrastrutture locali. La possibilità di fenomeni secondari, come tsunami o instabilità del fondale marino con associate frane sottomarine come pure frane sismoindotte in superficierappresentano un ulteriore elemento di vulnerabilità per la regione. Allo stato attuale, sono già state segnalate frane a Santorini che hanno necessitato l’intervento delle autorità di protezione civile.

L’attività sismica in corso si colloca in una vasta zona, a circa 20-40 km a nord-est del famoso vulcano Santorini, sito di diverse eruzioni storiche, tra cui la cataclismica “eruzione minoica” datata al 1610 a.C. circa, una delle più grandi eruzioni vulcaniche sulla Terra degli ultimi 10mila anni.
Le ultime eruzioni di Santorini, nel 1570-1573, 1707-1711, 1866-1870, 1925-1926, 1928, 1939-1941 e 1950, hanno formato nuove isole all’interno della caldera formatasi durante l’eruzione minoica, di cui quella più grande si chiama Nea Kameni (“la nuova bruciata”). Queste eruzioni sono state di carattere lievemente esplosivo, con emissione di lava molto viscosa, che ha formato duomi e colate poco estese. Nel 2011-2012, Santorini ha attraversato una fase di unrest, con aumento dell’attività sismica, deformazioni del suolo e cambiamenti nell’emissione di gas dalle fumarole di Nea Kameni(Papadimitriou et al., 2015).
A circa 8 km a nord-est di Santorini si trova il vulcano sottomarino Kolumbo, caratterizzato da una caldera larga 1.5 km, e la cui cima si trova a 10 m sotto il livello del mare. Nel 1650, il Kolumbo ha prodotto un’eruzione esplosiva che ha formato una nuova isola, dalla quale diversi flussi piroclastici si sono espansi fino alla costa di Santorini. I flussi, probabilmente in associazione con uno tsunami, provocarono la morte di circa 70 persone (Kantner et al., 2014). Su questo vulcano, considerato potenzialmente molto pericoloso, è stato recentemente installato, con partecipazione dell’INGV, l’osservatorio sottomarino SANTORY.
A cura del team Aristotle (Licia Faenza, Alberto Michelini, Spina Cianetti, Ilaria Oliveti, Marco Olivieri, Carlo Giunchi, Giulia Sgattoni) e Boris Behncke, INGV-OE.