Alla scoperta degli squali: chi è il vero predatore?
Marsa Alam, uno squalo uccide un turista. Ma dietro titoli che paiono sentenze, raccontiamo l’altra verità: gli attacchi fatali sono pochi, spesso generati da nostri errori. E sul numero 3 di GrandTour un'inchiesta speciale da non perdere
Testo e foto di Francesco Pacienza *
Il titolo gridava Marsa Alam, squalo uccide un turista. Una sentenza. Come se il mare avesse emesso un verdetto. Come se lo squalo, giudice inflessibile, avesse eseguito una condanna. Ma il mare non è un tribunale, e lo squalo non è un boia.
Quattrocentosessantacinque specie, dicono. Tante sono le storie che nuotano negli oceani, storie di squali, di pinne che fendono l’acqua, di occhi che scrutano l’abisso. Storie che regolano l’equilibrio di un mondo sommerso, un mondo che a noi, creature di terra, appare spesso alieno, incomprensibile. Quarantasette di queste storie navigano nel nostro Mediterraneo, un mare che credevamo amico, familiare, e che invece nasconde abissi e segreti. Ci piace pensare agli squali come mostri, come incarnazioni del male che si annida nelle profondità. Ci fa sentire al sicuro, protetti dalla nostra presunzione di dominio. Ma la verità, come spesso accade, è molto più sfumata, più complessa. L’uomo non è un piatto nel menù di uno squalo. Non è la sua preda designata. Non è il sapore che cerca tra le onde.
Dal 1580, si contano 132 attacchi fatali su 814 documentati. Numeri. Statistiche. Cifre che non raccontano la storia completa. Perché la vera storia è fatta di incontri, di coincidenze, di errori. Di un’ombra che si muove sopra la superficie, scambiata per una preda. Un errore, appunto. Un tragico errore.

E poi c’è il resto. Il non detto. Il sommerso, proprio come gli squali. C’è la pessima abitudine di gettare in mare carcasse e scarti di lavorazione del pesce. Un invito a nozze per qualsiasi predatore, un richiamo irresistibile che altera gli equilibri, che confonde le acque. Un’abitudine che nessuno denuncia con la forza necessaria, che nessuno punisce con la severità che meriterebbe.
E c’è l’impoverimento degli oceani, una ferita che si allarga giorno dopo giorno, una malattia che minaccia tutte le specie, squali compresi. La pesca accidentale, il bycatch, una parola inglese che suona quasi innocua, ma che nasconde una strage silenziosa. Fino al 15% del pescato, si stima, è costituito da squali. Fantasmi catturati nelle reti, vite spezzate per errore, o peggio, per finire nel mercato delle frodi alimentari, un altro capitolo oscuro di questa storia.
Il 25% delle specie di squalo nel mondo è a rischio estinzione. Nel Mediterraneo, questa percentuale sale al 50%. Metà delle storie che nuotano nel nostro mare rischia di scomparire per sempre. Metà di quel mondo sommerso che ci affascina e ci spaventa rischia di diventare solo un ricordo.
Allora, chi è il vero predatore? Chi è il vero pericolo? Lo squalo, che agisce seguendo il suo istinto, o l’uomo, che con le sue azioni sconsiderate mette a rischio un intero ecosistema?

Il titolo gridava Marsa Alam, squalo uccide un turista. Ma forse il vero titolo dovrebbe essere un altro. Forse dovremmo chiederci: chi sta uccidendo il mare? Chi sta uccidendo gli squali? Chi sta mettendo a rischio il delicato equilibrio di un mondo che non ci appartiene, ma di cui siamo parte?
* Francesco Pacienza è diplomato all'Istituto Europeo di Design a Roma. Esperienza trentennale nella fotografia di moda, pubblicitaria, architettura e still life. Da dieci anni specializzato nella fotografia subacquea: dal grandangolo, ai relitti, dalla macro alla fotografia creativa e all’underwater fashion. Collabora con GrandTour dal primo numero

Sul numero 3 di GrandTour ti aspetta un approfondimento sugli squali, con articoli di Francesco Tiralongo ed Eleonora de Sabata.
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