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Pompei, così l'arte entrava nelle piccole case

Le ultime indagini hanno portato alla luce una sorta di "Tiny House" nel quartiere centrale della città. Decorazioni, oggetti rituali, un bruciaprofumi e - soprattutto - un affresco che raffigura il mito di Ippolito e Fedra

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by Redazione
Pompei,  così l'arte entrava nelle piccole case


Gli inglesi le chiamerebbero “Tiny House”: piccole case autonome, dalle dimensioni ridotte ma in questo caso, dalle decorazioni estremamente raffinate. È il caso di una tra le più recenti unità abitative emerse nel corso delle indagini in atto nel cantiere dell’Insula dei casti Amanti, nel quartiere centrale della città antica di Pompei, lungo Via dell’Abbondanza.
Una casa dallo spazio ristretto, senza il tradizionale atrio. Una particolarità considerato che, nonostante le ridotte dimensioni della dimora, non sarebbe stato impossibile l’inserimento di un piccolo atrio con la classica vasca (impluvio) per la raccolta dell’acqua piovana, tipico nell’architettura delle ricche dimore pompeiane, e che invece in questo caso è assente.  Una scelta probabilmente da mettere in relazione con i mutamenti che stavano attraversando la società romana, e pompeiana nello specifico, nel corso del I secolo d.C.  e che questo rinvenimento consente di studiare e approfondire. Un primo inquadramento scientifico è riportato nell’ultimo articolo della rivista scientifica digitale del Parco https://pompeiisites.org/e-journal-degli-scavi-di-pompei/.

L’abitazione colpisce per l’alto livello delle decorazioni parietali, che non ha nulla da invidiare alla più grande e ricca casa dei Pittori al Lavoro, con la quale confina. Grazie al ritrovamento di un affresco ben conservato, rappresentante il mito di Ippolito e Fedra, la si è denominata provvisoriamente Casa di Fedra.
I due ambienti attualmente oggetto di indagini si trovano nella parte retrostante dell’abitazione. Nel primo, oltre al quadretto mitologico con Ippolito e Fedra, le pareti splendidamente decorate in IV stile mostrano altre scene tratte dal repertorio dei miti classici: una rappresentazione di un symplegma (amplesso) tra satiro e ninfa, un quadretto con coppia divina, forse Venere e Adone, nonché una scena, purtroppo danneggiata dalle esplorazioni borboniche, in cui probabilmente si può riconoscere un Giudizio di Paride.
Una finestra, a fianco al quadretto con Ippolito e Freda, si apre su un piccolo cortile, dove al momento dell’eruzione  erano in corso lavori edilizi, caratterizzato all’ingresso dalla presenza di un piccolo larario (altare domestico) con una ricca decorazione dipinta a motivi vegetali e animali su fondo bianco.



Il cortile è dotato di una zona coperta che precede una grande vasca con le pareti dipinte di rosso. Intorno correva una canaletta, che consentiva di convogliare l’acqua piovana verso l’imbocco di un pozzo collegato con una cisterna sottostante. Nella decorazione del larario campeggia nella parte alta un rapace in volo, probabilmente un’aquila, che regge fra gli artigli un ramo di palma, e nella parte inferiore la scena principale composta da due serpenti affrontati, che incorniciano un altare con fusto circolare e scanalato su cui si dispongono le offerte. Si riconoscono da sinistra: la pigna, un elemento sopraelevato che sostiene un uovo, quelli che sembrerebbero essere un fico e un dattero. A riempire il fondo della scena due arbusti con foglie lanceolate e bacche gialle e rosse su cui si muovono tre passeri.
All’interno della nicchia sono statti rinvenuti gli oggetti rituali, lasciati con l’ultima offerta prima dell’eruzione del 79 d.C che distrusse Pompei: un bruciaprofumi in ceramica acroma con lacune antiche e una lucerna, entrambi con evidenti tracce di bruciato. Le analisi di laboratorio hanno consentito di individuare resti di rametti di essenze odorose, mentre due parti di un fico essiccato sono state recuperate alle spalle dei due oggetti. Sul piano dell’altare sono stati ritrovati, inoltre, due listelli in marmi colorati e un terzo elemento, presumibilmente in marmo rosso, con una raffigurazione di un volto riconducibile alla sfera dionisiaca, probabilmente un sileno.Infine, nella parte anteriore dell’altare si sono individuati una base quadrangolare e modanata in marmo, con un alloggio centrale e sulla sinistra un coltello in ferro il cui manico termina con gancio ad occhiello per la sospensione.Il cantiere in corso presso l’Insula dei casti amanti è oggetto di un complesso progetto- diviso in due lotti differenti – che ha previsto diverse fasi, di cui alcune già conclusesi e che hanno permesso di rendere possibile la fruizione al pubblico del complesso, attraverso un sistema di passerelle sopraelevate. Le diverse fasi hanno interessato: la verifica, progettazione e realizzazione della nuova copertura; gli scavi archeologici; la riprofilatura dei fronti di scavo; la messa in sicurezza degli elevati murari; il restauro delle superfici e degli elementi archeologici.Attualmente, gli archeologi del Parco stanno operando nel settore nord-est dell’isolato, all’interno di una serie di ambienti con accesso dal vicolo orientale. 


L’apporto delle indagini in corso sta permettendo di definire sempre più precisamente la sistemazione planimetrica dell’Insula, tanto da consentire di individuare questa nuova unità abitativa. 
È un esempio di archeologia pubblica o, come preferisco chiamarla, archeologia circolare: conservazione, ricerca, gestione, accessibilità e fruizione formano un circuito virtuoso - dichiara il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel - Scavare e restaurare sotto gli occhi dei visitatori, ma anche pubblicare i dati online sul nostro e-journal e sulla piattaforma open.pompeiisites.org significa restituire alla società che finanzia le nostre attività tramite biglietti, tasse e sponsorizzazioni la piena trasparenza di ciò che facciamo, non per il bene di una ristretta cerchia di studiosi, ma per tutti. L’archeologia deve essere di tutti perché solo così creeremo comprensione verso gli archeologi che lavorano in tutta Italia sui cantieri nell’ambito della cosiddetta archeologia preventiva. Se il cantiere della metro o di una strada ritarda a causa di rinvenimenti archeologici, visitare Pompei e osservare il lavoro di archeologi e restauratori può aiutarci a capire perché vale la pena documentare e salvaguardare le tracce delle generazioni che hanno vissuto prima di noi”.

c.s.

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