Perché la storia di Ottavia Piana dimostra che non sappiamo nulla di speleologia
All'indomani del miracolo salvataggio della donna a lungo rimasta intrappolata nell'abisso di Bueno Fonteno, Sergio Orsini, presidente della Società Speleologica italiana, racconta i 'segreti' di una disciplina fondamentale per progresso e conoscenza
Si è conclusa con un lieto fine, fortunatamente, la vicenda di Ottavia Piana, la speleologa rimasta intrappolata nell’abisso di Bueno Fonteno. A colpire - ancor più della paura e delle fratture che la donna ha subito a viso, torace e gambe - i commenti social alla sua disavventura: in molti hanno sottolineato come se la sia cercata.
«Forse in questi ultimi anni non abbiamo saputo comunicare al meglio cos’è la speleologia e perché, al netto dei rischi che comporta, rappresenta un servizio essenziale alla collettività», spiega a GrandTour Sergio Orsini, presidente della Società Speleologica italiana. Lo abbiamo visto accendere i riflettori su un lavoro “buio”, del quale si sa - evidentemente - molto poco.

Di cosa si occupa la speleologia
Partiamo dalle basi: la speleologia è una scienza che non si occupa solo di idrologia, ma parte dallo studio delle acque sotterranee per svolgere analisi approfondite su tanti aspetti del sottosuolo e non solo. Piccolo spoiler: lo speleologo ha anche un ruolo determinante nel successo delle missioni spaziali, come scoprirete con la lettura di quest’articolo: «Lo speleologo indaga sullo stato delle fonti carsiche, da cui deriva l’85% dell’acqua che viene fuori dai rubinetti delle nostre case», chiarisce Orsini.
Per studiare le acque, lo speleologo usa un tracciante, sostanza fatta con fluorescenti innocui per gli animali e gli esseri umani, che rende l’acqua analizzata di colore verde smeraldo, consentendogli di seguirne il percorso e verificare, soprattutto, se e come viene a contatto alla fonti con agenti inquinanti.
«Pensiamo alle discariche non visibili di pesticidi, batterie, idrocarburi, che quando piove inquinano le falde. Tracciando il percorso dell’acqua lo speleologo sa dove ha inizio l'inquinamento dell’acqua e si occupa, in collaborazione con altri colleghi ed enti, di “pulire il buio”», evidenzia Orsini.
Dalla storia al clima, dalla salute allo Spazio
L’analisi dell’acqua è solo uno dei compiti di uno speleologo: nel suo lavoro esistono anche tante altre direzioni. Come la storia, con lo studio delle grotte che nascondono tracce del nostro passato che gli speleologi riportano in superficie. Lo studio dei ghiacci nelle grotte consente di comprendere alcuni aspetti dei cambiamenti climatici e delle temperature. Uno speleologo si occupa, inoltre, di studiare le acque di risalita che risalgono da migliaia di metri di profondità e di alcuni fenomeni come i solfobatteri, il cibo privilegiato poi di tante specie ittiche che popolano i nostri mari. Orsini ci svela che alcuni batteri che si sviluppano nelle grotte sono stati anche studiati come una possibile soluzione per cure tumorali.
Il presidente della Società Speleologica italiana confida anche un altro dettaglio sul lavoro degli speleologi: lavorano anche per addestrare gli astronauti: «Non molti sanno che l’ESA, la European Space Agency e non solo, manda i suoi astronauti in Italia a fare esperienze nelle grotte per vari motivi. - dice - Abituarsi all’ambiente ipogeo, con la mancanza di luce, permette loro di abituarsi all’assenza nello Spazio dei ritmi circadiani. Inoltre, l’addestramento permette loro di apprendere dagli speleologi come lavorare in equipe. Inoltre, recentemente, si è scoperto che esistono grotte nel sottosuolo lunare e su Marte e potrebbero essere il rifugio per molti astronauti con la possibilità anche di coltivare».


Alcune immagini del salvataggio di Ottavia Piana (foto Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico - CNSAS)
Gli speleologi in Italia: i numeri
Sono circa 5 mila gli speleologi in Italia. Oltre alla Società Speleologica Italiana che ne rappresenta 3.500, ci sono altri associati al Cai, Club Alpino italiano. Collaborano con l’ISPRA e altre istituzioni come i Beni culturali.
Altri numeri: la Società Speleologica italiana ha una biblioteca di oltre 40 mila volumi tematici che sono stati recentemente valutati per 900 mila euro.
Solo lo 0,1% dei terreni carsificabili nel mondo sono stati esplorati. Il sottosuolo è un mondo quasi del tutto inesplorato: «C’è ancora tanto da fare per far conoscere la speleologia nel nostro Paese. Noi, che siamo tutti volontari, abbiamo lanciato negli anni molte iniziative. Facciamo formazione, 50, 60 corsi l’anno nei quali insegniamo le tecniche per andare in grotta e anche argomenti specifici come ideologia e storia. Siamo presenti nelle scuole, dove organizziamo conferenze sia per bambini che per studenti degli istituti superiori. Nel 2018 - conclude - abbiamo provato a far passare una legge che è stata purtroppo affossata».