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Nel deserto per cercare tesori 'sepolti': così l'archeologia si affida all'intelligenza artificiale

Nel deserto per cercare tesori 'sepolti': così l'archeologia si affida all'intelligenza artificiale

Parte da Saruq Al-Hadid, una delle aree aride più estese al mondo, la sfida del futuro, con un approccio innovativo integrato che consente di individuare strutture sotto la sabbia con una precisione mai sperimentata prima. Indirizzando i nuovi scavi. E aprendo nuove frontiere

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di Giancarlo Donadio

Chissà quanti reperti archeologici sono sepolti nelle profondità dei deserti e cosa raccontano sulla storia dell’umanità: da questo desiderio di conoscenza condivisa, che accomuna l'archeologia contemporanea, sono partiti i ricercatori dell’Università Khalifa, della Sorbonne di Abu Dhabi e di Mohamed bin Zayed, focalizzata sull’intelligenza artificiale. Tre istituzioni impegnate da decenni nello studio delle vaste distese desertiche in Medio Oriente, che nascondono tesori archeologici impossibili da scovare con metodi tradizionali. 
In particolare, i ricercatori hanno voluto sperimentare l’uso di nuove tecnologie nello studio del sito di Saruq Al-Hadid che, situato nel cuore del Rub al-Khali, è tra i deserti più estesi al mondo.

Combinare due tecnologie
La chiave per comprendere l’efficacia delle tecnologie odierne risiede in una parola quasi magica: integrazione. Laddove una sola tecnologia non è in grado di risolvere un problema, combinata ad un’altra, offre altre frontiere e soluzioni.
Nello specifico sono due le tecnologie che i ricercatori hanno adoperato per localizzare nuovi resti sepolti sotto le dune. Da una parte, l’imaging satellitare e, dall’altra, l’intelligenza artificiale. Un mix tecnologico che promette di favorire le esplorazioni archeologiche rendendole più rapide e precise, soprattutto in ambienti complessi e aridi, come i siti desertici.

Come funziona l’approccio innovativo
I metodi tradizionali di identificazione dei siti archeologici facevano uso di un insieme di tecniche di telerilevamento attraverso satelliti ottici. Tecniche che già avevano dimostrato i loro limiti specie se applicate in ambienti aridi nei quali, fenomeni come le tempeste di sabbia  e una topografia mutevole delle dune, creavano più di un ostacolo sul terreno. 
Laddove c’è un problema, si dice che ci sia una soluzione: è per questo che il team di ricercatori ha sviluppato un approccio innovativo che unisce l’imaging radar ad apertura sintetica, che è anche noto con l’acronimo SAR, con algoritmi di apprendimento automatico. La scoperta? Questa tecnica permette di individuare strutture sotto la sabbia con la straordinaria precisione di 50 centimetri quadrati.
«Siamo riusciti a localizzare aree non ancora scavate, fornendo preziose indicazioni agli archeologi per i loro futuri scavi. Queste tecnologie combinate ci hanno permesso di individuare nuove aree, di mappare manufatti metallurgici e ceramiche, oltre a offrire una mappa dettagliata del sito», hanno raccontato due dei ricercatori in campo, Diana Francis e Haïfa Ben-Romdhane.
Nonostante i primi risultati promettenti, gli studiosi ammettono di essere sono agli albori di una rivoluzione nell’archeologia. L’imaging radar SAR ha dimostrato di poter penetrare depositi di sabbia spessi, mentre gli algoritmi di intelligenza artificiale sono riusciti a identificare aree di interesse che potrebbero contenere strutture sepolte. Gli studi, pubblicati sulla rivista Geoscience, potranno essere testati in altri deserti simili, in Arabia Saudita, come in Egitto, offrendo nuove prospettive per l’archeologica in regioni così inospitali per la ricerca.

© Ben-Romdhane et al., 2023

 AI e archeologia: le mille opportunità
Questo studio è solo uno dei tanti che mostrano come gli algoritmi di intelligenza artificiale, grazie alla loro capacità di analizzare rapidamente enormi quantità di dati, eliminino da una parte la necessità di scavi lunghi e spesso casuali, offrendo, al contempo, agli archeologi obiettivi più precisi da esplorare. 
Tradotto: operazioni meno costose e più fruttuose.
Oltre alla possibilità di rilevare siti archeologici nascosti, l’intelligenza artificiale apre tantissimi altri fronti come la ricostruzione virtuale di siti antichi, edifici o artefatti, la possibilità di riconoscere diversi tipi di manufatti, come ceramiche, ossa o strumenti. O ancora, grazie all'analisi di dataset storici, come testi antichi e reperti, l’AI supporta gli studiosi nel decifrare antichi documenti e/o a fare collegamenti tra testi apparentemente non correlati. 

 

Per approfondire: Ben-Romdhane, H.; Francis, D.; Cherif, C.; Pavlopoulos, K.; Ghedira, H.; Griffiths, S. “Detecting and Predicting Archaeological Sites Using Remote Sensing and Machine Learning—Application to the Saruq Al-Hadid Site, Dubai, UAE”. Geosciences 2024, 13, 179.

 

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