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Viaggio in Etiopia, alla scoperta dei riti di passaggio
Foto di Vittorio Sciosia

Viaggio in Etiopia, alla scoperta dei riti di passaggio

Tra gli Hamer, tribù dedita alla pastorizia, si svolge il salto del toro: siamo andati nella Valle dell'Omo per comprendere come ogni ragazzo entri nel mondo degli adulti.

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by Vittorio Sciosia

L’approccio, per noi “bianchi”, a questo evento, ha un sapore da cospirazione carbonara. Anche la nostra guida locale brancola nel buio. Sappiamo che da qualche parte qui, in questa zona dell’Omo Valley, nel profondo sud dell’Etiopia, a pochi chilometri dal confine con il Kenia, a Sud e il Sudan, a Ovest, da qui a qualche giorno si terrà uno dei riti di iniziazione all’età adulta di cui tutta l’Africa è piena. Riti che cambiano a seconda del Paese e dell’etnia ma anche delle tribù, seppur distanti qualche chilometro le une dalle altre. Pur sapendo che si svolgerà da qualche parte a breve, non abbiamo conferme che la notizia sia vera, né quando e né dove. Insomma, sembra che sia un segreto mal custodito, ma pur sempre un segreto. All’improvviso, però, magicamente qualcosa si sblocca e la nostra guida ora ha un sorriso che gli illumina il volto. Adesso sa.

Lo seguiamo, prima in fuoristrada e poi a piedi attraverso Dimeka, un villaggio della tribù Hamer. Passiamo oltre per proseguire attraverso la vegetazione ed arrivare al letto di un fiume, poco più sotto, che scorre marrone e tumultuoso. Deve essere un periodo di siccità perché le acque torbide corrono in uno stretto canale centrale mentre si nota come le sponde, ora asciutte, sulle quali sostiamo adesso, sono molto più ampie. Durante la stagione delle piogge il fiume deve far davvero paura.

Foto di Vittorio Sciosia


Questo rito che si svolge tra gli Hamer, tribù dedita principalmente alla pastorizia, è qualcosa di cui avevamo sentito parlare spesso sia prima di arrivare nella Valle dell’Omo, sia quando già eravamo in zona. La prova è il salto dei tori o, in lingua locale “Ukli Bulà”. La pratica della “taurocatapsia”, come in gergo “tecnico” si chiama il salto del toro, è diffusa nel mondo già dall’età del bronzo. Ci sono esempi nella Creta minoica, in India tra i Tamil, in Anatolia tra gli Ittiti. In Europa, ai giorni nostri, la troviamo nella Francia sud occidentale dove ogni estate è possibile assistere alla bellissima “course camarguaise”, una sorta di corrida incruenta dove lo scopo è togliere una coccarda sistemata tra le corna del torello, in realtà un giovane bue castrato.
Qui, nella Valle dell’Omo, questa pratica rappresenta il passaggio attraverso cui ogni ragazzo entra nel mondo degli adulti. Questa prova di coraggio e abilità gli dà il diritto, se superata con successo, a sposarsi, possedere bestiame e avere figli. Una schiera di tori, anche se in realtà sono giovani manzi, viene allineata e tenuta in posizione dai Maza, uomini che hanno già superato la prova ma sono ancora scapoli. Questi giovani adulti fungono da “padrini” per il ragazzo e si occupano di tutti i preparativi prima della prova. Per diventare uomo il giovane, completamente nudo a parte una corda vegetale intorno al petto a simboleggiare l’infanzia da abbandonare, dovrà correre per almeno quattro volte sulle schiene dei tori. Se riuscirà a farlo, senza cadere e senza aiutarsi con le mani, avrà superato la prova e farà ufficialmente parte degli adulti.

I padrini si preparano alla cerimonia decorandosi il volto con pigmenti vegetali, momenti preparatori durante i quali già si inizia a vivere la sacralità del rituale.
Foto di Vittorio Sciosia - I padrini si preparano alla cerimonia decorandosi il volto con pigmenti vegetali, momenti preparatori durante i quali già si inizia a vivere la sacralità del rituale

L'intero reportage è pubblicato sul numero 1 di Grand Tour
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