Dal 1985 spariti almeno 5000 km quadrati di ghiaccio dalla Groenlandia
Dagli USA un gruppo di ricercatori spiega dove, quando e come, nel giro di 38 anni, la Groenlandia ha visto il ridimensionamento dei suoi ghiacci.
Cos'è successo alla calotta glaciale della Groenlandia negli ultimi quarant’anni? Ce lo chiarisce nel dettaglio lo studio condotto dal team diretto dal glaciologo Chad Greene del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena e recentemente pubblicato su Nature. La ricerca, attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale, ha analizzato le immagini satellitari - più di 230 mila scatti - raccolte dal 1985 al 2022, un arco cronologico nel quale sono spariti 5000 chilometri quadrati di ghiaccio, pari a 1000 miliardi di tonnellate.
Nella finestra di tempo presa in analisi, il periodo più critico è da inquadrarsi a partire dagli anni duemila, quando, parallelamente a un significativo innalzamento delle temperature, i ghiacci hanno visto un’accelerazione della loro regressione che, in alcune zone, ha fatto registrare un arretramento di 10 km. Ad aver subito le maggiori perdite sono i ghiacciai Zachariæ Isstrøm, Jakobshavn Isbræ e Humboldt Gletscher. Un dato quest’ultimo, che spiega anche la correlazione tra la natura dei ghiacciai e il loro grado di sensibilità al ritiro. In particolare gli studiosi hanno osservato che i ghiacciai con variazioni stagionali più pronunciate (crescita invernale e decrescita estiva), come quelli di Zachariæ Isstrøm e Jakobshavn Isbræ, mostrano maggiori suscettibilità alle perdite.
Gli effetti che questa mole d’acqua riversata in mare produrrebbero vanno dal contributo, seppur con un impatto minimo, all’innalzamento del livello del mare, alla destabilizzazione della circolazione oceanica e, di conseguenza, della distribuzione dell’energia termica. Ed è proprio quest’ultimo scenario a preoccupare maggiormente gli studiosi.
In particolare, l’attenzione è concentrata sull’Amoc (Atlantic Meridional Overturning Circulation), il sistema di correnti Atlantiche che trasporta acque calde dai Tropici fino al Nord Europa da dove, raffreddandosi, inverte il percorso a profondità maggiori, tornando nelle zone equatoriali. Di questo gruppo di correnti, la più nota è quella del Golfo. L’equilibrio dell’Amoc sembra essere molto precario, gli studiosi temono infatti che le grosse quantità di acqua fredda e dolce rilasciata dai ghiacci possa in qualche maniera intaccarne le dinamiche, col rischio di far collassare l’intero sistema. Questo scenario sarebbe foriero di una serie di sconvolgimenti meteorologici che aprirebbero la possibilità a stravolgimenti con ricadute sugli ecosistemi e sulla sicurezza alimentare. Se le correnti dell’AMOC dovessero fermarsi il clima Europeo cambierebbe, avvicinandosi a quello che si osserva negli Stai Uniti alle stesse latitudini. Un’Europa molto più fredda.