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Artico, la tundra si espande sempre di più: è colpa del climate change
Vista aerea delle Isole Svalbard. Ogni anno, durante il periodo estivo, l'arretramento dei ghiacciai e un ambiente sempre più povero di neve cede il passo all'avanzare della tundra (Credits: Gianmarco Ingrosso)

Artico, la tundra si espande sempre di più: è colpa del climate change

Un fenomeno strettamente legato alla diminuzione della copertura di ghiaccio marino e al ritiro dei ghiacciai: "Un serio campanello di allarme per i fragili ecosistemi polari"

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by Redazione

Uno studio internazionale coordinato dall’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp) e svolto in collaborazione con Alfred Wegener Institute, Helmholtz Center for Polar and Marine Research e Joint Research Center Eni Cnr, ha svelato che la tundra, vegetazione tipica delle zone polari artiche, è in rapida espansione. Questo avviene non da oggi ma a partire dall’inizio dello scorso secolo. La nuova ricerca afferma che il fenomeno, chiamato Arctic greening, sarebbe strettamente legato alla diminuzione della copertura di ghiaccio marino e al ritiro dei ghiacciai.
«Attraverso l’analisi di firme chimiche da un archivio sedimentario marino prelevato alle latitudini estreme delle Isole Svalbard, in Norvegia, abbiamo individuato segnali riconducibili a un importante cambiamento nella copertura della tundra durante la transizione climatica registrata tra la Piccola Età del Ghiaccio (1400–1900 d.c.) e gli ultimi 100 anni in concomitanza con l’attuale riscaldamento di origine antropica. - spiega Tommaso Tesi, ricercatore del Cnr-Isp e coordinatore dello studio -  Questa ricerca rappresenta la prima ricostruzione che collega la riduzione del ghiaccio marino e il ritiro dei ghiacciai con l’incremento dell’areale della vegetazione delle Svalbard. Il drastico declino dell’estensione del ghiaccio marino registrato a partire dai primi decenni del ’900 è coinciso con un incremento della vegetazione terrestre, suggerendo una forte espansione della tundra nelle aree precedentemente occupate dai ghiacci. Inoltre, i risultati dimostrano come la rapida espansione della tundra abbia avuto un picco massimo intorno agli anni ’90 del secolo scorso, in concomitanza con l’accelerazione del riscaldamento globale e il rapido collasso della criosfera artica». Il fenomeno del greening ha determinato anche un cambiamento nella composizione delle comunità vegetali, documentato attraverso le analisi geochimiche.
«Inizialmente le superfici terrestri emerse dall’arretramento dei ghiacci sono state colonizzate da muschi e licheni, tipici della tundra. Successivamente, con il progressivo accumulo di materia organica e il miglioramento delle condizioni del suolo, hanno iniziato a insediarsi anche le piante vascolari (piante con radici, fusto e foglie). - ha aggiunto il ricercatore dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Cnr (Cnr-Iret) e primo autore del paper, Gianmarco Ingrosso - Tra le specie vegetali che sembrano beneficiare maggiormente del nuovo assetto climatico, un ruolo di primo piano è svolto da Salix polaris, una piccola specie arbustiva adattata a condizioni più miti, che sta gradualmente aumentando il suo areale di distribuzione». I ricercatori del Cnr, concludono poi affermando: «Se da un lato l’aumento della copertura vegetale potrebbe favorire il sequestro di carbonio atmosferico, dall’altro un cambiamento così drastico delle aree precedentemente occupate dai ghiacciai potrebbe portare a conseguenze significative sui cicli biogeochimici e sull’areale di distribuzione della fauna autoctona. Inoltre, la fusione del permafrost, accelerata dall’aumento della temperatura, potrebbe rilasciare nell’atmosfera grandi quantità di gas serra, vanificando i benefici derivanti dall’incremento della biomassa vegetale. In questo caso, la crescita della vegetazione in Artico e un ambiente sempre più verde rappresentano un serio campanello di allarme per i fragili ecosistemi polari».

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