Antico Egitto, scoperto l'uso rituale di sostanze psicotrope: così si entrava in contatto con il divino
Una droga "ante litteram" dall'esame di vasi rituali di oltre duemila anni fa: così un nuovo studio conferma i sospetti sui rituali egizi e sulle visioni 'oniriche' in stato di coscienza alterata
Il trucco, in fondo, c'era. Perché per entrare in contatto con il divino, indurre visioni oniriche o stati meditativi, nei rituali dell'Antico Egitto tolemaico si faceva uso di sostanze psicotrope. Una droga ante litteram con l'intento, più o meno dichiarato, di assicurare uno stato di trance. Così, per la prima volta sono state scoperte prove dirette dell’uso di sostanze psicotrope in un vaso rituale risalente a più di 2.000 anni fa, dal quale i ricercatori hanno ricavato dettagli invisibili a occhio nudo. Lo studio, coordinato da Enrico Greco, professore di chimica dell’ambiente e dei beni culturali presso l’Università di Trieste, con la collaborazione fra il Tampa Museum of Art e la University of South Florida, l’Università di Milano ed Elettra Sincrotrone Trieste, è stato pubblicato sulla rivista Scientific Reports (Nature Group) e supportato dal Consorzio Europeo di Infrastrutture di Ricerca CERIC-ERIC.
Basato su prove scientifiche dirette, lo studio rappresenta il primo esempio documentato dell’uso intenzionale di psichedelici nei rituali egizi per indurre visioni oniriche, stati meditativi e comunicazione con il divino e dimostra una conoscenza sofisticata degli antichi egizi delle risorse naturali e dei loro effetti sulla mente umana
Non che non ci fosse il sospetto, tutt'altro: in passato più volte erano state avanzate ipotesi basate su iconografia e testi e del resto anche in molte tribù contemporanee, in particolare in Sudamerica, gli sciamani fanno uso di sostanze psicotrope ricavate in natura, come nel caso dell'ayahuasca, conosciuta anche come la droga di Dio, un infuso dagli effetti allucinogeni ottenuto dalla cottura di erbe che crescono nella foresta amazzonica.
Ma stavolta, per l'Antico Egitto, è la scienza a entrare in gioco, con tanto di prova fisica concreta. Perché nel miscuglio, qualcosa di non troppo dissimile a un cocktail di farmaci, sono state rilevate tracce di Peganum harmala (ruta siriana), Nymphaea nouchali var. caerulea (ninfea azzurra) e una pianta del genere Cleome, tutte note per le loro proprietà psicotrope o medicinali. Sostanze che venivano combinate con liquidi fermentati o altri ingredienti come miele o pappa reale.
E non finisce qui: i risultati collegano queste pratiche a tradizioni più ampie del Mediterraneo e del Vicino Oriente, suggerendo scambi culturali che hanno influenzato il sapere rituale e medico delle antiche civiltà.
“Una scoperta che è stata possibile solo grazie a un approccio altamente multidisciplinare, combinando tecniche scientifiche all’avanguardia con l’analisi culturale, linguistica e storica, abbiamo ottenuto informazioni che l’archeologia tradizionale da sola non avrebbe potuto fornire. - sottolinea Enrico Greco, professore di chimica dell’ambiente e dei beni culturali presso l’Università di Trieste e coordinatore dello studio - Questo sottolinea la forza della collaborazione interdisciplinare nel risolvere i misteri dell’antichità”.
E sono risultate decisive tecniche scientifiche avanzate: proteomica, metabolomica, spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier accoppiata alla luce di sincrotrone (SR µ-FTIR) e metabarcoding del DNA vegetale.
Chiaramaria Stani, ricercatrice CERIC-ERIC presso la linea SISSI di Elettra Sincrotrone Trieste, sottolinea: “Queste analisi hanno permesso di identificare il contenuto cerimoniale del vaso, nonostante le tracce residue fossero minime, ma ben conservate nelle porosità della ceramica”.
Il vaso è decorato con la testa del dio egizio Bes, una divinità grottesca, ma dalla natura benevola, spesso utilizzata come amuleto protettivo della casa. Lo studio ha permesso di attribuire alla divinità anche un ruolo mistico, legato a stati alterati di coscienza e a rituali divinatori. Esistono altri dodici vasi raffiguranti il dio Bes.
E non finisce qui: l’analisi ha rivelato la presenza di fluidi umani, in particolare sangue e proteine delle mucose, suggerendo che il vaso fosse utilizzato in rituali simbolici e trasformativi, probabilmente legati alla fertilità femminile, attraverso il raggiungimento di stati alterati di coscienza.
L'articolo scientifico:
https://www.nature.com/articles/s41598-024-78721-8#citeas
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