Allarme Amazzonia, così il polmone del pianeta rischia il "collasso"
Nella giornata mondiale per la difesa della più grande foresta tropicale della terra, il Wwf lancia un nuovo allarme: gli incendi sono in aumento. E il 99% dei roghi sono innescati dall'uomo. Con il rischio che in pochi decenni l'Amazzonia si trasformi in una savana
Povera Amazzonia. Il 2024 sembra essere un anno di nuovi tristi record per il polmone verde del nostro pianeta, la più grande foresta tropicale della terra. Numeri chiari che alimentano un allarme che non può più essere sottovalutato. Il Brasile ha registrato oltre 110.000 incendi dall’inizio del 2024, segnando il numero più alto dal 2010 e un drammatico aumento del 76% rispetto allo stesso periodo nel 2023, secondo l’Istituto brasiliano di Ricerche Spaziali (INPE). Oltre un terzo di questi incendi si è verificato proprio nella foresta amazzonica, spesso definita il “polmone verde del Pianeta”: questo numero è il più alto dal 2005 e ben il doppio di quello registrato nel 2023. Vista la gravità della situazione, un giudice della Corte Suprema brasiliana ha ordinato il governo brasiliano a mobilitare un “contingente maggiore” di forze militari per combattere gli incendi.
Si tratta, evidentemente, di un'emergenza mondiale: l’Amazzonia si estende infatti oltre 550 milioni di ettari che ospitano il 10% della biodiversità globale, tra cui oltre 40.000 specie di piante e migliaia di specie animali. Inoltre, la capacità dell’Amazzonia di immagazzinare oltre 75 miliardi di tonnellate di carbonio è cruciale nella lotta contro il cambiamento climatico. Il degrado di questa foresta metterebbe a serio rischio il raggiungimento degli obiettivi globali di limitare il riscaldamento a 1,5°C, rendendo urgente la necessità di proteggere e preservare questo prezioso ecosistema.
Il collasso dell’ecosistema amazzonico è accelerato anche dalla siccità estrema dovuta alla crisi climatica che prosegue dal 2023: in 13 dei 20 bacini pluviali brasiliani le precipitazioni sono state molto inferiori della media, rendendo così la vegetazione più secca e infiammabile e quindi rafforzando l'intensità degli incendi e anticipando il loro picco, solitamente atteso a settembre, mese nel quale la situazione potrebbe, infatti, ancora peggiorare. Il 99% dei roghi sarebbe comunque stato innescato dall’uomo. Negli ultimi 50 anni, circa il 17% della superficie della foresta amazzonica - equivalente a una superficie grande due volte l’Italia - è stato distrutto: se questa tendenza raggiungerà il 20-25% della foresta, l’Amazzonia potrebbe trasformarsi in una savana arbustiva nel giro di pochi decenni.
Il WWF, in occasione della Giornata mondiale d’azione per l’Amazzonia che cade proprio oggi, punta i riflettori su questa situazione estremamente critica, che richiede un’azione immediata e coordinata a livello globale.
La distruzione di una delle risorse naturali più vitali del pianeta come l’Amazzonia avrebbe conseguenze devastanti per la biodiversità, per le popolazioni indigene che vi vivono nonché comprometterebbe irrimediabilmente la lotta contro il cambiamento climatico.
Purtroppo, poi, l’allarme non scatta solo per l’Amazzonia: sia in Cerrado che in Pantanal -la zona umida più vasta del mondo che ospita migliaia di specie di cui alcune a rischio estinzione- è stata registrata una delle più gravi stagioni degli incendi che ha colpito circa il 15% della sua superficie totale, causando la morte di migliaia di animali e minacciando l’habitat di specie cruciali come giaguari, ocelotti, tapiri sudamericani, alligatori, scimmie, ara giacinto e anaconda.
L'impegno del WWF
Il WWF è coinvolto in diversi progetti per preservare la foresta amazzonica in Brasile, Perù e Guyana, ad esempio sviluppando la rete di aree protette nella regione amazzonica, monitorando lo stato di conservazione di specie chiave e minacciate come il giaguaro e il delfino rosa del Rio delle Amazzoni e favorendo una produzione sostenibile di prodotti quali la gomma per portare benefici socioeconomici alle comunità locali e i popoli indigeni e per contrastare la deforestazione causata solitamente dalla produzione di commodities come appunto gomma, caffè, olio di palma, cacao e soia.
Qui il link per sostenere il lavoro del WWF in Amazzonia.