Guerre e climate change, sempre più persone soffrono la fame nel mondo
582 milioni di individui resteranno denutriti entro il 2030. La metà vive in Africa. I dati della fondazione Cesvi sono allarmanti. E raccontano anche una crescente diseguaglianza di genere
Guerre e crisi climatiche hanno aumentato la fame del 26% in appena quattro anni: sono 582 milioni di persone che resteranno denutrite entro il 2030, la metà delle quali in Africa. Questo è l’allarme lanciato da Cesvi, la Fondazione umanitaria fondata nel 1985 per supportare le popolazioni più vulnerabili.
Gli ultimi dati diffusi dalla Fondazione provengono dalla diciannovesima edizione dell’Indice Globale della Fame, il GHI, acronimo di Global Hunger Index, da anni il termometro che misura la fame nel mondo.
Sono state 733 milioni le persone a soffrire di fame nel 2023, oltre 152 milioni in più rispetto al 2019: una persona su 11 nel mondo e una su cinque in Africa. A rendere peggiori i livelli di malnutrizione nel mondo, secondo Cesvi, è il confluire di tre fattori drammatici: le guerre, le diseguaglianze crescenti nel mondo e una crisi climatica sempre più grave.
64 Paesi in ginocchio
Il report di CESVI prende in analisi le condizioni alimentari in 130 Paesi, 64 dei quali vivono una situazione di insicurezza alimentare acuta. Gaza, Sudan, Burkina Faso, Mali e Sud Sudan e Haiti, con quest’ultimo che registra tra i maggiori aumenti nei punteggi tra 2026 e 2023. Mentre sono in un numero ancora troppo ridotto di Paesi si sono verificati dei leggeri miglioramenti. Ci riferiamo al Bangladesh, alla Mongolia, al Mozambico, al Nepal, alla Somalia e al Togo.
In linea generale, sono l’Africa a sud del Sahara e l’Asia meridionale ad essere in testa a questa drammatica classica, con punteggi GHI rispettivamente di 26,8 e 26,2 (livello grave)
Il legame tra fame e diseguaglianza di genere
Tra gli aspetti più significativi del report il nesso, causa-effetto, tra insicurezza alimentare e diseguaglianze di genere: il 43% della forza lavoro nei Paesi in via di Sviluppo è femmibile, eppure le donne possiedono solo una minima parte delle terre agricole e in più hanno difficoltà a reperire risorse come sementi, fertilizzanti e capitali per le coltivazioni. Come un effetto a cascata, l’insicurezza alimentare delle donne si ripercuote sui loro figli, 9 milioni di donne sono malnutrite durante la gravidanza e le fasi di allattamento, pregiudicando la salute di oltre 36 milioni di bambini di età inferiore ai 5 anni.
Le carestie causate da guerre e cambiamenti climatici
Solo nel 2023 - ricorda il rapporto - si sono verificate 399 catastrofi naturali che hanno colpito 93 milioni e causato oltre 200 miliardi di perdite economiche. Catastrofi che hanno peggiorato le condizioni di insicurezza alimentare di oltre 72 milioni di persone. In fondo, sottolinea CESVI, milioni di persone hanno l’agricoltura come unico mezzo di sostentamento. Va da sé che subiscano, prima e peggio di tutti, gli effetti delle variazioni climatiche. Tra le regioni più colpite l’Africa Sub-Sahariana, il Sud-Est Asiatico e l’America Latina. In particolare, è il Corno d’Africa ad essere vittima di una delle crisi climatiche più estreme al mondo, con periodi di siccità che si alternano inondazioni devastanti da decenni ormai. Altro capitolo drammatico analizzato nel report, le guerre. Nella Striscia di Gaza il 96% della popolazione - parliamo di oltre 2 milioni di persone - è precipitata nell’insicurezza alimentare. Le operazioni militari hanno distrutto, infatti, sia le infrastrutture agricole che l’allevamento, danneggiando il 68% dei terreni agricoli, il 52,5% dei pozzi e il 44% delle serre. Senza contare che il blocco navale ha ridotto notevolmente la disponibilità di pesca nella zona.
In linea generale e, solo nell’ultimo anno, i conflitti bellici nel mondo hanno peggiorato le condizioni di nutrizione degli abitanti di ben 20 Paesi, spingendo circa 135 milioni di persone nel baratro della fame. Il Paese che vive le condizioni peggiori è il Sudan, dove continua un'emergenza alimentare che risale alla crisi del Darfur nei primi anni 2000.
L’indice GHI
L’indice Globale della Fame, nello stilare le sue classifiche, tiene conto di quattro indicatori: la denutrizione, il deperimento infantile (ovvero la percentuale di bambini sotto i cinque anni con un peso insufficiente rispetto all’altezza). E ancora l’arresto della crescita infantile, la percentuale di bambini sotto i cinque anni con un’altezza insufficiente rispetto all’età e infine il tasso di mortalità infantile, sempre relativo ai bambini di età inferiore ai cinque anni.
Giancarlo Donadio